Osteopatia e ipotiroidismo funzionale

L’arteria ed i suoi nervi devono fornire in ogni momento e in quantità giusta le potenzialità fisiologiche necessarie al corpo. Il sistema venoso e i suoi nervi  devono espletare le loro funzioni impedendo qualsiasi accumulo. Queste due regole sono assolute.

INTRODUZIONE

Molte patologie locali del collo lasciano intravedere una possibile ripercussione sulla funzione della tiroide, ghiandola d’importanza fondamentale nello sviluppo e successivamente nella cenestesi dell’individuo adulto.

Le stesse patologie si riflettono sulla mobilità dell’osso ioide, importante crocevia della funzione del collo. La presenza, quasi patognomonica, di una fissazione ioidea in ogni caso d’ipotiroidismo funzionale, ci ha spinto ad includere anche l’osso iode nella ricerca effettuata.

Per un’osteopata è praticamente normale pensare che una fissazione dell’osso ioide causata da una lesione osteopatica, ad esempio della cerniera C0-C1-C2, consequenziale ad un colpo di frusta post-incidente automobilistico possa, interferendo sulla tensione fasciale,  limitare l’afflusso di sangue dalle arterie tiroidee o ridurre il ritorno dalle vene omonime.

Questo lavoro vuole pertanto chiarire, indipendentemente dal movente eziologico, quelli che sono i meccanismi patogenetici  che interferiscono nella  funzione tiroidea e mettere in rilievo quelli che possono essere i principi terapeutici.

A tutti i pazienti selezionati  è stata controllata osteopaticamente la mobilità dell’osso ioide prima e dopo.

Pertanto arriviamo al primo punto che si vuole dimostrare :

 l’osso ioide è sempre coinvolto nelle patologie tiroidee ?

Avremo la necessità di rivedere alcune nozioni fondamentali di anatomia riguardanti la vascolarizzazione e l’innervazione di questa ghiandola. Soprattutto nozioni di anatomia comparata che ci consentano d’intuire i meccanismi attraverso i quali si produce la disfunzione.

Sarà quindi interessante determinare al secondo punto :

quante disfunzioni dipendono da un problema eslusivamente vascolare, quante da un problema neurologico, ma soprattutto quante dall’ associazione dei due fattori.

La ghiandola recepisce solo imput provenienti dal sangue e non direttamente dal sistema nervoso, il quale influisce indirettamente attraverso la regolazione del circolo.

Tante strutture s’incrociano nel collo e l’osteopatia attraverso i suoi trattamenti e la finezza delle sue tecniche riesce a mediare gli attriti che possono esistere

  • a livello strutturale :  vertebre, ossa, vasi, nervi;
  • a livello mio-fasciale : muscoli e fasce;
  • a livello viscerale : indirettamente attraverso le fasce;
  • a livello cranio-sacrale : sempre attraverso le fasce.

Il terzo punto è dunque relativo all’efficacia del trattamento : riusciamo attraverso le tecniche osteopatiche a modificare in maniera significativa quei parametri che abbiamo isolato essere patogenetici nella disfunzione tiroidea al punto di poter parlare di miglioramento obbiettivo del quadro clinico. In sintesi :

 il trattamento è efficace ?

In medicina tradizionale si impiegano spesso terminologie quali : idiopatica, primaria…… soprattutto quando non si sa quale sia la vera etiologia.

E’ il caso di numerose patologie della tiroide. E’ quindi su queste patologie, oltre quelle prettamente  funzionali, che verterà il nostro lavoro.

Ci troviamo pertanto ad affrontare un lavoro in un settore dove non viene presa in considerazione nessuna delle relazioni che vogliamo dimostrare; ma soprattutto esiste un iter terapeutico che entro relativi margini discrezionali è nelle mani del terapeuta in questione (endocrinologo ).

I pazienti scelti per questo lavoro sono i pazienti border-line, quei pazienti che sono alla soglia di un’eventuale intervento riduttivo totale o parziale oppure stanno per cominciare una terapia sostitutiva ( EUTIROX ).

Questo ci comporta uno sforzo doppio. Dobbiamo infatti  conquistare la fiducia dell’endocrinologo inviante e del paziente che si sottopone per un certo periodo di tempo ad un trattamento non convenzionale.

Al tutto bisogna aggiungere la difficoltà di monitorare un gruppo di controllo abbastanza numeroso che possa avvalorare la validità del terzo punto in questione.

Effettuare una ricerca in doppio cieco è un impegno considerevole ma anche una necessità irrinunciabile volendo ritrovare  il collocamento adeguato dell’osteopatia come branca della scienza medica.

PREMESSE

OSSO  IOIDE

  • sacralità dell’osso ioide nella spiritualità dell’estremo oriente:
    Un aneddoto orientale dice che l’osso ioide è l’ultimo osso a scomparire ( loro dicono che è il solo a salvarsi ) quando si sottopone un cadavere alla fiamma redentrice di un braciere. Siccome in natura non esiste “ il caso “ l’osso ioide ha sicuramente un grande ruolo da interpretare nell’orchestrazione dell’organismo.
  • impressionante rapporto tra superfice ossea e inserzioni miofasciali:
    L’osso ioide è descritto come un osso fasciale per il fatto che lo si può comparare a una marionetta o a un galleggiante (Upledger) in un mare muscolo fasciale che presenta strette connessioni con il sistema cranio-sacrale, la lingua, l’epiglottide, la laringe, lo stretto toracico superiore e gli arti superiori.
  • sviluppo embriologico:
    L’ossificazione dell’osso ioide è mista: membranosa e cartilaginea. Per le grandi corna è membranosa, ciascuna con un centro di ossificazione.  Il corpo ha un’origine cartilaginea con due centri di ossificazione. La frontiera tra i due processi di ossificazione è situata a livello della scissura tra corpo e grande corno.
    Le piccole corna hanno origine cartilaginea in quanto sono il residuato della cartilagine di Reichert che, allo stadio embrionale, comprende ciò che diverrà apofisi stiloide del temporale, legamento stiloioideo e piccolo corno, tutti elementi del meccanismo ioideo.

TIROIDE

  • sviluppo embriologico:
    La tiroide si abbozza, nell’embrione di tre settimane, come un diverticolo entodermico della parete ventrale dell’intestino branchiale, tra gli abbozzi del corpo e della radice della lingua. Questo diverticolo si allunga, si canalizza (dotto tireoglosso) e, portandosi in basso, raggiunge l’abbozzo del condotto laringotracheale, dove si biforca dando origine a due gemme che si sviluppano nei due lobi ghiandolari.
    Il  dotto tireoglosso è destinato a regredire più o meno completamente, della sua origine rimane una traccia nel forame cieco posto all’ apice della V linguale, al limite tra la radice ed il corpo; la parte inferiore del dotto può permanere dando origine al lobo piramidale. Residui del dotto possono formare ghiandole tiroidee accessorie o trasformarsi in cisti.

ANATOMIA  DELL’ OSSO  IOIDE

E’ un’osso impari, mediano, mobile che ha la forma di un ferro di cavallo, è situato nel collo, al di sopra della laringe ed al di sotto della mandibola con la quale contribuisce a formare lo scheletro del pavimento della cavità orale ( V° diaframma ). E’ congiunto, oltre che alla mandibola ed allo scheletro della laringe ( cartilagine tiroidea ), all’osso temporale, allo sterno, all’estremità sternale della clavicola ed alla scapola. Tali connessioni si effettuano tramite legamenti e muscoli.

Il corpo presenta quattro appendici, le due grandi corna e le due piccole corna.

Esso appare come una lamina diretta trasversalmente; presenta tre facce, superiore, anteriore e posteriore e tre margini, inferiore, anteriore e posteriore.

Nella faccia superiore si trovano due fossette per l’inserzione dei muscoli genoioidei; sulla faccia anteriore si inseriscono i muscoli miloiodei e stiloioidei; la faccia posteriore volge in dietro, in basso e presenta un’accentuata concavità.

Il margine inferiore dà inserzione ai muscoli sternoioidei e omoioidei; il margine anteriore da parziale attacco al muscolo miloioideo; sul margine posteriore si fissa il legamento tiroioideo mediano.

Le grandi corna sono prolungamenti posteriori del corpo e si dirigono in alto assottigliandosi, per ingrossarsi nuovamente all’estremità. Presentano una faccia superiore per l’inserzione del muscolo ioglosso, una faccia inferiore che da attacco al muscolo tiroioideo, un  margine mediale su cui si fissano la membrana tiroidea ed il muscolo costrittore medio della faringe ed un margine laterale per l’inserzione del muscolo ioglosso. All’apice delle grandi corna giungono i legamenti tiroioidei laterali.

Le piccole corna hanno origine nel punto in cui il corpo prosegue nelle grandi corna e, per una lunghezza variabile, si dirigono in alto. Sono connesse ai processi stiloidei delle due ossa temporali mediante i legamenti stiloioidei.

LOCALIZZAZIONE  IOIDEA

1 )  LOCALIZZAZIONE  RADIOLOGICA

  • al di sotto della mandibola
  • al di sopra della cartilagine del laringe
  • all’altezza del bordo sup. di C4,  leggermente obliquo in alto e indietro. Il suo corpo è in proiezione di C3 e le grandi corna arrivano a livello di C2.

2 ) LOCALIZZAZIONE  MANUALE

  • è situato sotto la mandibola in posizione mediana, a livello dell’angolo formato tra la faccia anteriore del collo con il piano buccale, al di sopra della cartilagine tiroidea.
  • Per la palpazione è sufficiente una presa leggera con pollice e indice nella depressione sopra tiroidea sino al contatto con la base delle grandi corna.
  • Questa presa verrà chiamata : presa ioidea

3 ) TEST  DI  POSIZIONAMENTO

 

  • per testare l’osso ioide il paziente deve essere allungato in decubito dorsale e l’osso ioide può essere mobilizzato nei tre piani attraverso la presa ioidea

anteriorità          ———–        posteriorità

superiorità         ———–        inferiorità

lateralità sn        ———–        lateralità dx

FASCIALE

L’osso ioide è descritto come un osso fasciale per il fatto che è “ un’osso fluttuante ormeggiato in un mare muscolo-fasciale”(Upledger) con strette connessioni con il sistema craniosacrale, la lingua, l’epiglottide, la laringe, lo stretto toracico superiore e gli arti superiori.

Con i contatti di ben 9 fasce e 25 muscoli l’osso ioide batte veramente ogni record per il rapporto tra superficie e inserzioni.

Le  inserzioni fasciali sono rappresentate da:

-aponeurosi cervicale superficiale

-aponeurosi cervicale media

-aponeurosi faringee

-legamento stilo-ioideo

-membrana tiro-ioidea

-legamenti tiro-ioidei

-membrana ioideo-epiglottica

-membrana ioideo-glossica

-setto mediano

La fascia pretracheale è anteriore alla trachea tra l’osso ioide e il pericardio.

Contribuisce  a formare un manicotto fasciale che circonda la trachea e l’esofago, le cui parti laterali sono rinforzate dalle guaine carotidee e la parte posteriore dalla lamina alare della fascia prevertebrale.

La fascia pretracheale si divide per formare una sacca che ospita la ghiandola tiroidea.

Questa sacca in realtà si fonde con la capsula della tiroide contribuendo alla formazione di quest’ultima, ed è perforata dai vasi e dai nervi che sono al servizio di questa ghiandola.

La fascia cervicale superficiale si trova al di sotto dei tegumenti e non è da confondere con la fascia superficiale del collo, posta tra due strati del sottocutaneo. Dalla linea mediana, dove si presenta ispessita nella linea alba cervicale, si porta lateralmente, sdoppiandosi per avvolgere i muscoli sternocleidomastoidei. Al di dietro di questi, si ricostituisce un unico foglietto che attraversata la regione sopraclavicolare, si sdoppia nuovamente per avvolgere il muscolo trapezio e fissarsi quindi in corrispondenza della linea di origine di quest’ultimo.

Il margine superiore della fascia, seguito dall’interno all’esterno, si fissa al margine inferiore del corpo della mandibola, continua nelle fasce masseterina e parotidea e, posteriormente, prende attacco dalla faccia esterna del processo mastoideo, dalla linea nucale superiore e dalla protuberanza occipitale esterna. Il margine inferiore si connette all’incisura giugulare dello sterno, al margine anteriore della clavicola, al margine laterale dell’acromion ed al margine posteriore della spina della scapola, dalla quale passa sulla faccia posteriore del muscolo trapezio.

Al di sopra dell’incisura giugulare, la fascia cervicale superficiale si sdoppia in due foglietti che si fissano ai labbri anteriore e posteriore dell’incisura stessa, si delimita così lo spazio sovrasternale in cui si trova l’arco venoso del giugulo.

La superficie esterna della fascia è in rapporto con lo strato sottocutaneo, quella interna corrisponde, fino a livello dei muscoli omoioidei, alla faccia esterna della fascia cervicale media ed aderisce al corpo dell’osso ioide, lateralmente ai muscoli omoioidei essa è in rapporto con i muscoli scaleni.

La fascia cervicale media è una lamina triangolare a base inferiore ed apice superiore tronco. E’ tesa trasversalmente tra i due muscoli omoioidei e verticalmente tra l’osso ioide in alto, lo sterno e le ossa del cingolo toracico in basso. Il suo margine inferiore va, dal manubrio dello sterno, fino alle origini dei ventri inferiori dei muscoli omoioidei, questo margine invia prolungamenti nel mediastino anteriore che terminano sui tronchi venosi brachiocefalici e sul pericardio e, più lateralmente, dove la fascia si fissa al margine posteriore della clavicola, sulle pareti delle vene succlavia e giugulare interna.

La superficie esterna della fascia corrisponde alla fascia cervicale superficiale, la superficie interna si mette in rapporto con la ghiandola tiroide, con la laringe, con la trachea e con il fascio vascolonervoso del collo.

La fascia cervicale profonda ( ha una partecipazione indiretta ) si pone sui muscoli prevertebrali e sui corpi delle vertebre cervicali e prime toraciche . Ha forma quadrilatera e presenta perciò quattro margini e due facce. Il margine superiore si fissa alla parte basilare dell’osso occipitale, il margine inferiore si perde nel connettivo del mediastino posteriore, i margini laterali si fissano ai tubercoli anteriori dei processi traversi delle vertebre cervicali dove la fascia continua con le aponeurosi che avvolgono i muscoli scaleni. La faccia posteriore, oltre che con i muscoli prevertebrali e le vertebre, è in rapporto con il tronco dell’ ortosimpatico. La fascia anteriore entra in rapporto con la faringe, l’esofago ed il fascio vascolonervoso del collo.

Tra le fasce cervicali si trovano due logge interfasciali. Quella anteriore tra le fasce superficiali  e media contiene i muscoli sottoioidei; in quella posteriore, tra le fasce cervicali media  e profonda, sono accolti: la ghiandola tiroide, la laringe, la trachea, la faringe, l’esofago, le arterie carotidi, la vena giugulare interna ed il nervo vago. La loggia interfasciale anteriore risulta chiusa inferiormente a livello dell’incisura giugulare dello sterno, mentre la loggia posteriore prosegue nel mediastino.

Per completare ed integrare il nostro excursus fasciale abbiamo ritenuto importante rappresentare attraverso la grafica alcune delle più importanti connessioni fasciali.

MENINGI

meningi

Attraverso le Vene Emissarie raggiunge il Periostio e il cuoio capelluto. Si collega al Legamento Longitudinale Vertebrale Posteriore, alla faccia laterale del canale vertebrale e ai Legamenti Dentellati. Raggiunge il Forame di Coniugazione dove si rapporta col Periostio, segue le emergenze nervose per arrivare in periferia agli AAII AASS.

In basso s’inserisce sul Sacro e attraverso il Filum Terminalis raggiunge il Coccige.

APONEUROSI EPICRANICA

aponeurosi_epicranica

Collocata tra pelle e osso, si rapporta con la Dura Madre attraverso le inserzioni sulla Suture Metopica e sul P.O.E.; Si rapporta per continuità con l’aponeurosi del muscolo Temporale e Massetere, quindi termina confondendosi con L’Aponeurosi Cervicale Superficiale.

APONEUROSI CERVICALE SUPERFICIALE

aponeurosi_cervicale_superf

Si rapporta con la Media e la Profonda nelle inserzioni comuni dei Processi Spinosi e Trasversi del tratto Cervicale e, superficialmente con la pelle. Ha rapporti con l’aponeurosi Epicranica e quindi con il muscolo Temporale e Massetere; sulle inserzioni clavicolari e acromiali prende contatto con l’Aponeurosi Toracica e la Fascia Trasversalis. L’Aponeurosi Toracica si sviluppa superficialmente e si perde nell’Aponeurosi Dorsale dalla quale si continua sugli AAII e AASS. Dalla Fascia Trasversalis si continua nella Pleura, Fascia Iliaca e quindi nuovamente sugli AAII.

APONEUROSI CERVICALE MEDIA

aponeurosi_cervicale_media

Si rapporta con la Superficiale, la Profonda e gli AASS. L’Aponeurosi Cervicale Media è la porzione anteriore dell’Aponeurosi Perifaringea, si inserisce sulla Clavicola, 1K e Manubrio dello Sterno, continua nella Fascia Endotoracica e Trasversalis. Dalla Fascia Endotoracia arriviamo al Pericardio, al Diaframma e alla Pleura. Dalla Fascia Trasversalis arriviamo al Peritoneo e alla Fascia Propria, mentre dall’inserzione clavicolare continuiamo con la Fascia Perirenale, Fascia Iliaca e Perineo.

APONEUROSI CERVICALE PROFONDA

aponeurosi_cervicale_prof

Ha rapporti con la Media e la Superficiale. Si collega alla Fascia Epicranica nel terzo medio della Linea Curva Occipitale Esterna. Forma la porzione posteriore dell’Apofisi Perifaringea. Nasce dal Tubercolo Faringeo nella porzione esocranica dell’Apofisi Basilare dell’Occipite. Ha l’inserzione comune Clavicola, 1K, Manubrio Sternale e si comporta come la Media.

APONEUROSI PERIFARINGEA

(asse aponevrotico centrale)

aponeurosi_perifaringea

Aponeurosi o Asse Aponeurotico Centrale o Tendine Centrale origina dal Tubercolo Faringeo, dove si rapporta con la Base del Cranio, quindi con la Dura Madre e si fonde per continuità con L’Aponeurosi Interperigoidea, continua nell’Aponeurosi Temporo Pterigo Mascellare e nell’Aponeurosi Palatina attraverso i muscoli Peristaffilini. In basso si continua con il Pericardio e arriva al Diaframma per continuare nel Peritoneo, terminando nel Centro Tendineo del Perineo.

PERICARDIO

pericardio

Attraverso l’Aponeurosi Perifaringea arriva alla Base del Cranio e alla Dura Madre. E’ collegato direttamente all’Aponeurosi Cervicale Media e Profonda, ha rapporti con la Fascia Endotoracica e con la Pleura, rappresentando un ruolo importante nell’equilibrio dinamico toracico. Si continua nel Diaframma attraverso una articolazione sofisticata nel Centro Frenico, da qui Fascia Trasversalis e Peritoneo.

PLEURA

pleura

Attraverso l’Aponeurosi Perifaringea arriva alla Base del Cranio e quindi alla Dura Madre, si rapporta con l’Aponeurosi Cervicale Media e Profonda, al Pericardio e alla Fascia Endotoracica. La Pleura si collega per continuità con la fascia Iliaca, Rene, Diaframma, Fascia Trasversalis, Peritoneo.

PERITONEO

peritoneo

Attraverso il Diaframma ci collega con il Pericardio, Pleura e Fascia Endotoracica. Si rapporta per continuità con Fascia Perirenale, Fascia Iliaca, Fascia Trasversalis e Uraco, quindi Vescica Fegato. In basso si appoggia sul Parametrio e tutti gli organi del Piccolo Bacino, Aponeurosi Vescico Rettale e Pavimento Perineale. Dagli organi del Piccolo Bacino si relaziona con la Fascia D’Alban Utero Vescicale, con la Fascia di Denavillier Vescico Rettale e con l’Aponeurosi Presacrale. Da queste ultime arriva all’Aponeurosi Perineale.

APONEUROSI PERINEALE

aponeurosi_perineale

In alto dietro si continua con la Fascia Presacrale, si collega con le Lamine Sacro RettoGenitoVescicoPubiche. Continua con la Membrana Otturatoria e l’Aponeurosi Piramidale, da qui si perde nelle Aponeurosi degli AAII.

MIOLOGIA

( 25 muscoli ) sopraioidei e sottoioidei

In particolare tra i muscoli legati alla tiroide troviamo:

– Muscolo TIROIOIDEO ( una continuazione del muscolo sternotiroideo ) nasce sia dal corpo inferiore dell’osso ioide che, più comunemente, dal bordo inferiore del grande corno.
La sua funzione è quella  di accorciare la distanza tra la cartilagine tiroidea e l’osso ioide, questa funzione dipende dal fissaggio delle strutture.
Il muscolo è innervato dal segmento del  1° nervo cervicale che cammina con il nervo ipoglosso.

– Muscolo DIGASTRICO posteriore mette in rapporto l’osso temporale (mediale rispetto alla base dell’apofisi mastoidea ) con l’osso ioide.

– Muscolo STILOIOIDEO collega il processo stiloioideo dell’osso temporale con l’osso ioide.
Con l’osso ioide bloccato, la contrazione di uno o di entrambi i  muscoli ruoterà internamente l’osso temporale: ciò causerà un’estensione del sistema cranio-sacrale.

NEUROLOGIA

  • ANSE CERVICALI C1-C2-C3
  • NERVO MANDIBOLARE (V°)
  • NERVO FACCIALE (VII°)
  • NERVO GLOSSOFARINGEO (IX°)
  • NERVO VAGO (X°)
  • NERVO IPOGLOSSO (XII°)

( si rinvia a qualsiasi testo di neurologia per l’approfondimento )

RAPPORTI VISCERALI

Nel collo troviamo la massima densità di strutture a contatto le une alle altre. Basti ricordare che troviamo strutture facenti parte del digerente,respiratorio,endocrino, vascolare,neurologico,osseo,muscolare……….etc.etc.

FISIOLOGIA DELL’ OSSO IOIDE :

  • funzione della deglutizione
    Per definizione è un complesso di meccanismi straordinariamente fini e perfetti nel loro automatismo, che permettono il passaggio del cibo masticato ( bolo ) dalla bocca allo stomaco. Nell’adulto normale la deglutizione avviene in media 600 volte al giorno ( di cui 200 durante il sonno ).
    Nella deglutizione fisiologica, Magendie ha distinto 3 tempi successivi: il boccale (l’unico volontario ), il faringeo e l’esofageo.
    Il boccale si serve della muscolatura della lingua in buona parte inserita sull’osso ioide ( genioioideo, miloioideo, ioglosso etc…).
    Il tempo faringeo prevede inizialmente l’impegno dei muscoli peristafilini
    (regolazione della pressione dell’orecchio medio ). Quindi lo spostamento dell’epiglottide e il sollevamento in alto e in avanti della laringe. Infine la contrazione dei muscoli faringei, con elevazione della faringe e  apertura del cosiddetto sfintere faringoesofageo.
    Il terzo tempo ( esofageo ) della deglutizione accompagna il bolo con un complesso di sollecitazioni meccaniche fino alla giunzione gastroesofagea.

 

  • funzione della fonazione
    Col termine fonazione s’intende nell’uomo il complesso fenomeno della voce, derivante dall’azione armonica degli organi fonatori, sotto il diretto controllo dei centri corticali. La teoria ritenuta classica è quella mioelastica, considera la laringe come uno strumento sonoro, le cui pliche vocali vibrano come ance, sotto l’effetto di una reazione elastica al passaggio di una corrente d’aria.
    E’ stata dimostrata l’esistenza di tre sistemi di fasci muscolari : il longitudinale, o muscolo  tiroaritenoideo propriamente detto; l’arivocale, decorrente obliquamente dall’aritenoide; il tireovocale, costituito da fibre traverse decorrenti dalla superficie interna della cartilagine tiroidea ai vari punti del bordo libero della corda vocale.
  • funzione dell’udito ed equilibrio
    Dal punto di vista fisiologico e osteopatico il rapporto più interessante è sicuramente quello dato dal muscolo stiloioideo.
  • funzione di drenaggio
  • biomeccanica cervicale

FISIOLOGIA RESPIRATORIA PRIMARIA

Durante la fase inspiratoria cranica primaria  mentre il corpo  discende e bascula  leggermente all’indietro, le estremità posteriori delle grandi corna si allargano in basso-avanti-fuori, producendo un movimento di apertura in rotazione esterna dell’osso ioide in modo sincrono ai movimenti dei temporali e della sincondrosi sfenobasilare.

Durante la fase espiratoria cranica primaria mentre il corpo risale e bascula leggermente in avanti, le estremità posteriori delle grandi corna si stringono in alto-dietro-dentro, producendo un movimento di chiusura in rotazione interna dell’osso ioide in modo sincrono ai movimenti dei temporali e della sincondrosi sfenobasilare.

Ne deriva un drenaggio della tiroide per l’intermediazione dei legamenti ioidiotiroidei laterali e delle membrane ioidotiroidee. ( Mossi )

ANATOMIA DELLA TIROIDE

FORMA, POSIZIONE E RAPPORTI

La tiroide è una ghiandola endocrina di origine branchiale che, a completo sviluppo, è situata nella regione anteriore del collo, davanti e lateralmente alla laringe ed ai primi anelli tracheali. E’ formata da due lobi, destro e sinistro, piriformi con apici in alto, che, a livello del 1° e 2° anello tracheale, sono riuniti da una parte trasversale, detta istmo.

Con una certa frequenza (dal 30 al 50% dei casi ) dal margine superiore dell’istmo, si diparte un prolungamento parenchimale, generalmente spostato verso sinistra, il lobo piramidale o piramide di Morgagni, che sale verso l’alto in direzione della radice della lingua, ripetendo il decorso del dotto tireoglosso, di cui rappresenta il residuo. La forma, le dimensioni e lo sviluppo del lobo piramidale, quando esiste, sono variabili, generalmente esso ha forma conica e può raggiungere l’osso ioide.

Nell’adulto il peso medio  è di 20 g., ma può subire notevoli variazioni.

La tiroide è circondata all’esterno della capsula propria da un’involucro fibroso: la guaina peritiroidea. La guaina viene considerata come un ispessimento del connettivo che accompagna le arterie tiroidee o meglio ancora come una dipendenza delle fasce del collo.

Tra la guaina peritiroidea e la capsula fibrosa propria della tiroide, esiste un interstizio nel quale decorrono le diramazioni dei vasi che vanno e vengono dall’organo, formando un ricco plesso (denominato spazio pericoloso).

In avanti la tiroide è ricoperta dai muscoli sottoioidei e dalla fascia cervicale media, tesa tra i due muscoli omoioidei. Più superficialmente si trova la fascia cervicale superficiale, compresa tra il margine anteriore dei due muscoli sternocleidomastoidei ( scom ) ed, infine, il sottocutaneo con il muscolo platisma.

Lateralmente i due lobi sono in gran parte ricoperti dai muscoli scom.

Posteriormente la tiroide aderisce con la faccia posteriore concava dell’ istmo e con la faccia mediale dei lobi laterali al condotto laringotracheale, tramite la guaina peritiroidea. La faccia posterolaterale contrae rapporti con il fascio vascolonervoso del collo.

STRUTTURA DELLA TIROIDE

La tiroide è una ghiandola endocrina di tipo follicolare od a vescicole chiuse.

Il suo parenchima è cioè costituito da un insieme di formazioni vescicolari : i follicoli, che sono di diverse dimensioni. All’interno dei follicoli è contenuta una sostanza amorfa, detta colloide, di natura glicoproteica.

Schematicamente i follicoli tiroidei possono essere distinti in macrofollicoli e microfollicoli.

I macrofollicoli sono ripieni di colloide intensamente cromofila e si tratta di follicoli ipofunzionanti. In caso di necessità nell’epitelio follicolare compariranno i cosiddetti segmenti escretori, si ritiene che a livello dei segmenti escretori avvenga il riassorbimento della colloide da parte delle cellule follicolari e l’immissione in circolo degli ormoni.

I microfollicoli contengono quantità variabili di colloide scarsamente cromofila e si tratta di follicoli funzionanti.

Le cellule follicolari producono gli ormoni tiroidei e cioè la tiroxina o tetraiodiotironina ( T4 ) e la triiodiotironina ( T3 ) attraverso l’elaborazione della tireoglobulina che viene immessa nella cavità follicolare sotto forma di colloide.

Gli ormoni tiroidei determinano un aumento dei processi di ossidazione cellulare, controllando gli enzimi che presiedono al metabolismo energetico; in tal modo essi possono anche agire sui processi di accrescimento e di differenziazione.

L’attività della tiroide è profondamente influenzata dall’ipofisi. L’ormone tireostimolante ( TSH ) stimola le cellule follicolari. La secrezione di TSH da parte dell’ipofisi dipende da :

1°) fattori nervosi che agiscono a livello ipotalamico determinando la liberazione di TRF

2°) fattori umorali, cioè dal tasso ematico degli ormoni tiroidei che agiscono sull’ipofisi con meccanismo retrogrado.

La quantità di iodio disponibile condiziona l’attività tiroidea in quanto è un fattore indispensabile per la sintesi degli ormoni.

VASI E NERVI DELLA TIROIDE

La tiroide è irrorata dalle arterie tiroidee superiori, derivate per ciascun lato dalla carotide esterna e dalle arterie tiroidee inferiori, che sono rami del tronco tireocervicale dell’arteria succlavia.

Le vene formano nello spazio peritiroideo un ricco plesso, che fa capo per mezzo della vena tiroidea superiore alla vena giugulare interna, e della vena tiroidea inferiore al rispettivo tronco brachiocefalico.

L’innervazione è fornita dall’ortosimpatico cervicale e dal nervo vago principalmente attraverso i nervi laringei superiore ed inferiore.

CONSIDERAZIONI DI ANATOMIA COMPARATA

Lateralmente e anteriormente la ghiandola tiroidea è in contatto con le cartilagini tiroidea e cricoidea.

L’istmo della ghiandola tiroidea è situato sia sotto che direttamente davanti alla cartilagine cricoidea.

 

Le arterie della ghiandola tiroide sono la tiroidea superiore ed inferiore.

L’innervazione della superiore arriva dal plesso carotideo che è un ramo del ganglio cervicale superiore. Le lesioni delle vertebre cervicali superiori colpiscono l’innervazione di questa arteria colpendo così indirettamente la ghiandola tiroide.

L’arteria tiroidea inferiore riceve la sua innervazione dal ganglio medio e da quello inferiore.

Le arterie sono molto grandi, anastomizzano liberamente e formano una completa rete intorno agli acini della ghiandola.

In alcune dissezioni ( eseguite dall’autore CLARK 1904 ) queste e le arterie facciali erano molte volte più grandi nei casi di gozzo esoftalmico che nei soggetti normali.

Le vene tiroidee sono: la superiore, media e inferiore. Spostamenti verso l’alto della prima costa esercitano indirettamente pressione su queste vene provocando così la congestione della ghiandola. Ovvero un ristagno dovuto alla difficoltà di drenaggio.

 

Il rifornimento nervoso alla tiroide è derivato dal ganglio superiore, medio ed inferiore simpatico cervicale; i rami raggiungono la tiroide insieme alle arterie tiroidee.  GRAY afferma che il nervo laringeo inferiore ed il laringeo superiore,

inviano rami alla ghiandola ( il nervo laringeo superiore è comune con l’osso ioide).

Lesioni lungo la parte inferiore del collo, la regione toracica superiore e delle coste superiori, colpiscono direttamente l’innervazione e tendono a provocare la malattia della ghiandola ( CLARK )

 

Lo spazio PRETRACHEALE  (che include la ghiandola tiroidea), è delimitato superiormente dall’inserzione dei muscoli sottoioidei e delle fasce nell’osso ioide e nella cartilagine tiroidea, sotto la giunzione delle fibre del pericardio con lo sterno (a livello della vertebra T4 nell’arco toracico), anteriormente dalla fascia della laringe e posteriormente dalla fascia della trachea.

 

I due nervi ricorrenti hanno una radice profonda comune con le arterie carotidee e passano sotto i lobi della ghiandola tiroidea.

FISIOLOGIA DELLA TIROIDE

tratto_gastroenterico

Lo iodio introdotto con la dieta è ridotto a ioduro ( I- ) nel tratto gastro-intestinale ed è quindi rapidamente assorbito. Di regola la  concentrazione plasmatici di I- è compresa tra 0,1 e 1 ug/dl. I livelli di ioduro circolante dipendono sia dalla quantità assunta con la dieta che dalla quota derivante dalla desiodazione degli ormoni tiroidei. Quando l’apporto iodico giornaliero è insufficiente, la tiroide va incontro a complessi meccanismi di adattamento responsabili dell’aumento di volume  ghiandolare tipico del gozzo endemico. Paradossalmente, anche un’eccessiva assunzione di iodio può essere responsabile di gozzo e alterazioni funzionali tiroidee.

Lo ioduro, concentrato attivamente nella cellula follicolare passa per diffusione passiva nella colloide e va rapidamente incontro ad un processo di ossidazione e successiva incorporazione nei residui tirosinici della tireoglobulina ( organicazione ).

<!–[if !vml]–><!–[endif]–>L’organicazione dello iodio avviene previa ossidazione dello I- da parte di una perossidasi.

Dopo l’ossidazione, lo iodio si lega ai residui tirosinici della tireoglobulina dando così luogo alla formazione di precursori ormonali inattivi ( MIT, DIT ), che vanno successivamente incontro a una reazione di condensazione ossidativa.

Questa reazione, detta reazione d’accoppiamento, è anch’essa mediata dalla per- ossidasi e porta alla formazione delle iodotironine, tra le quali la tetraiodotironina

( tiroxina, T4 ) e la triiodotironina ( T3 ) rappresentano gli ormoni tiroidei attivi.

La massima parte degli effetti biologici degli ormoni tiroidei nell’uomo è attribuibile alla T3, la cui attività metabolica è da tre a cinque volte superiore della T4.

 

Dopo questo breve excursus sulla fisiologia tiroidea ( alla quale seguirà la fisiologia delle paratiroidi con accenni sia al PTH che alla CT ) ci sembra opportuno sottolineare alcuni aspetti della fisiologia.

 

  • Sutherland ( 1971 ) osserva che gli ormoni si dividono in due grandi categorie:

1°) Vi sono ormoni caratterizzati da azioni rapide e di breve durata; l’adrenalina, l glucagone, l’insulina, la secretina, la CALCITONINA sono ormoni di questo tipo.

2°) Altri ormoni producono invece azioni lente  che sopravvivono all’aumento della loro concentrazione nel sangue. Sono ormoni di mantenimento, chehanno molta importanza nello sviluppo corporeo. Ne sono esempio l’ormone adenoipofisiario dell’accrescimento e l’ormone TIROIDEO.

  • La diminuzione della biosintesi dell’ormone tiroideo, comunque provocata, porta ad un aumento di volume della ghiandola ipofunzionante, il gozzo.
  • La ghiandola tiroide riceve fibre del sistema nervoso autonomo, esse hanno peraltro solo funzione vasomotrice, non secretoria. Ciò è dimostrato dal fatto che la ghiandola continua a funzionare quando è trapiantata in altre parti del corpo ed è quindi completamente isolata dal sistema nervoso. La regolazione della funzione tiroidea è puramente ormonale ed è affidata alla secrezione da parte del lobo anteriore dell’ipofisi di un ormone tirotropo o TSH  (vedi schema …. ) pag.538 del Moruzzi
  • Dopo l’asportazione del lobo anteriore dell’ipofisi la tiroide presenta i caratteri di una ghiandola atrofica; il suo contenuto in iodio è normale, ma la secrezione di ormoni è praticamente soppressa.
  • L’ormone tirotropo arriva con il circolo sanguigno alle cellule bersaglio, che formano l’epitelio secretore del follicolo tiroideo.
  • Il metabolismo basale è nettanente e permanentemente diminuito nell’ uomo affetto da ipotiroidismo. D’altronde, quando la secrezione di ormone è aumentata, nell’ uomo in  casi d’ipertiroidismo, il metabolismo basale appare pure aumentato.
  • Il sistema nervoso centrale è sottoposto all’influenza della tiroide. Quando l’alterazione compare nella vita intrauterina si arriva al CRETINISMO ma un rallentamento in età adulta corrisponde ad un rallentamento anche delle funzioni cerebrali sino ad un vero e proprio torpore cerebrale.
  • E’ importante ricordare che quando si parla di  ipo- o iper-funzione della ghiandola non si prendono in considerazione le eventuali patologie conclamate ma solamente i disturbi funzionali che sono alla portata delle tecniche osteopatiche. Non si parlerà nell’ipertiroidismo di Basedow o adenomi e non si parlerà nell’ ipo di mixedema o di cretinismo.
    Bisogna comunque considerare che quando si parla di eziologia, spesso si parla di  “problema solo incompletamente risolto “ e di “ soggetti costituzionalmente e geneticamente predisposti “.
  • FATTORI-NEUROPSICHICI: l’esistenza di rapporti tra traumi psichici e tireotossicosi è acquisita ormai da lungo tempo. Il trauma psichico, sotto forma di una emozione brusca e violenta o più spesso con i caratteri di ripetute e protratte stimolazioni emotive, ricorre ad esempio nella storia clinica dei Basedowiani.
    Da sottolineare che, quando la sindrome ipertiroidea è stata preceduta da traumi psichici, l’indagine anamnestica individuale e familiare rivela frequentemente nel paziente esaminato la preesistenza di uno stato di iperemotività e talora di ansia cronica.
    STRESS : è ormai accertato che lo stress emotivo può ridurre  la produzione sia di TRH sia di TSH, con conseguente diminuzione degli ormoni tiroidei.
  • IPOTIROIDISMO SPONTANEO O IDIOPATICO: viene ipotizzata una patogenesi autoimmunitaria ma “ l’atrofia della ghiandola è apparentemente spontanea “
  • NODULO FREDDO: ovvero stato di fibrosi più o meno marcata con deposizione di sali di calcio nelle sedi necrotiche ed emorragiche
  • Inoltre bisogna ricordare che l’ipotiroidismo si accompagna a stitichezza mentre l’ipertiroidismo si accompagna a diarrea.
  • Bisogna ancora ricordare che ambienti particolarmente caldi favoriscono l’ipo. Viceversa ambienti freddi favoriscono l’iper.
  • Importante la variazione ponderale del soggetto ( vedi fisiologia < e > metabolismo basale ). A questo proposito vale la pena di spendere qualche parola in più per ricordare che spesso questi pazienti, che vedono aumentare il proprio peso, hanno un’alimentazione che non è confacente all’equilibrio tiroideo, in quanto vi è l’alternanza a periodi di super-alimentazione a periodi di privazione.
    Durante i periodi di digiuno, la ghiandola automaticamente si adatta ai nuovi apporti energetici rallentando il metabolismo al fine di conservare le risorse.
    Questa auto-regolazione della ghiandola la dice lunga su quanto sia importante conservare le proprie abitudini alimentari regolando eventualmente le quantità e non eliminando nessuno dei pasti principali a discapito di un cattivo funzionamento della tiroide. ( vedi segni e sintomi dell’ ipotiroidismo )

FISIOLOGIA DELLE PARATIROIDI

Le ghiandole paratiroidi sono piccoli organi di forma rotondeggiante, che si trovano nelle vicinanze dei lobi laterali della ghiandola tiroide, spesso in stretti rapporti con questa e con un altro derivato branchiale, il timo.

Nella ghiandola sono riconoscibili tre tipi di cellule : principali, chiare e ossifile.

Le cellule principali sono gli elementi attivi responsabili della produzione del PTH.

Oscuro resta il significato delle cellule chiare : probabilmente cellule inattive. Del tutto ignoto il significato delle cellule ossifile.

Solo recentemente nell’asportazione della tiroide ( tiroidectomia ) si conservano le paratiroidi evitando così una inutile alterazione del bilancio calcico.

PARATORMONE (PTH)

L’increzione paratiroidea è regolata direttamente dalla concentrazione ematica dello ione calcio con un meccanismo di retroazione negativa ( feedback negativo ): l’ipocalcemia stimola e ipercalcemia sopprime la dismissione e la sintesi dell’ormone.

L’increzione del PTH è sensibile anche alla concentrazione di altri cationi bivalenti, quali il Mg2+  e lo Sr2+. Quando la magnesiemia è molto bassa, l’ipocalcemia non è più accompagnata da incremento del PTH.

La dismissione e la biosintesi dell’ormone sono intimamente correlate tra loro.

Anche la biosintesi è regolata dalla concentrazione dello ione calcio, che può interferire su questo processo e sulla degradazione cellulare dell’ormone a diversi livelli.

L’azione biologica del PTH si esplica a livello osseo, renale e intestinale.

  • il PTH promuove la mobilizzazione del calcio dallo scheletro agendo direttamente sulle cellule ossee
  • l’azione del PTH a livello renale consiste nel ridurre il riassorbimento tubulare dei fosfati e nel promuovere il riassorbimento tubulare del calcio
  • la somministrazione di PTH provoca già dopo 30 min, un aumento del trasporto intestinale del calcio vit-D dipendente. La risposta al PTH è esaltata quando l’apporto dietetico di calcio è basso ed è invece quasi nulla quando l’apporto calcico sia elevato.

CALCITONINA (CT)

La calcitonina è un ormone ipocalcemizzante e ipofosfatemizzante, prodotto dalle cellule parafollicolari della tiroide ( cellule C ) nei mammiferi e dai corpi ultimobranchiali dei vertebrati inferiori. Cellule C e corpi ultimobranchiali derivano ambedue dall’ultima tasca faringea e, secondo Pearse, hanno caratteristiche citochimiche  ed ultrastrutturali comuni con le cellule della serie APUD ( amine precursor uptake and decarboxilation ) che producono altri ormoni polipeptidici e che si  originano tutte dal tubo digerente primitivo.

La caratteristica azione ipocalcemizzante di questo ormone si realizza mediante l’inibizione del processo di riassorbimento osseo; viene in tal modo bloccata l’immissione in circolo di calcio dalle riserve ossee, con conseguente abbassamento del livello calcemico.

La secrezione della CT è controllata principalmente dal livello ematico del calcio, con l’innalzarsi della calcemia l’increzione dell’ormone aumenta proporzionalmente all’innalzamento calcemico. L’ipocalcemia provoca una notevole diminuzione nell’increzione dell’ormone che rapidamente scende a livelli plasmatici non rilevabili con i metodi attualmente disponibili.

Il significato fisiologico della CT appare piuttosto complesso, è quasi sicuro che insieme al PTH intervenga nella regolazione della calcemia, altrettanto certamente agisce proteggendo l’osso dall’eccessivo riassorbimento. A livello renale provoca inoltre un aumento della clearances del calcio, del fosforo e del sodio. E’ probabile che abbia anche una funzione nel regolare le concentrazioni intracellulari di calcio. Inoltre, c’è la possibilità che, attraverso il suo effetto natriuretico, partecipi alla regolazione della sodiemia e volemia.

POSTULATO

Il pescatore scrutando il suo galleggiante, pur non vedendo nulla di quanto avviene sott’acqua, intuisce le toccatine dei pesci che si avvicinano sino al fatidico segnale del pesce che abbocca : lo spostamento del galleggiante.

L’osso ioide funziona per l’osteopata come il galleggiante della situazione fasciale locale e generale. La sua osservazione ci consente pertanto di monitorare indirettamente la qualità del circolo e l’attività del nervo laringeo.

Lo “spostamento”, ovvero la fissazione dell’osso ioide, ci consente d’intuire che a questa dislocazione, per quanto minima, corrisponde una dislocazione dei piani mio-fasciali con conseguenze neuro-circolatorie più o meno importanti.

Nella tesi si vuole pertanto dimostrare principalmente :

1°  interrelazione  tra mobilità dell’osso ioide e irrorazione della tiroide con conseguente disfunzione.

2°  dimostrazione che esiste una relazione tra il tipo di lesione osteopatica, sia essa vascolare o neurologica  e  la disfunzione tiroidea.

3° efficacia dei trattamenti nella risoluzione dei deficit funzionali.

L’idea di effettuare un lavoro di questo genere è nata in seguito alla rilettura di un grande del passato: Clark ( 1904 ), il quale, fresco degli insegnamenti dei grandi dell’ osteopatia, nel suo testo di anatomia comparata, attribuisce al circolo e al microcircolo distrettuale un’importanza determinante per la qualità della funzione.

Ricordiamo che la possibilità d’intervenire sulla circolazione è un parametro importantissimo e spesso trascurato  ai fini delle motivazioni del trattamento.

Ritengo infatti che troppo spesso nell’affrontare determinate casistiche non ci siano le motivazioni necessarie e sufficienti a sostenere l’operatore e il paziente nel conseguimento del risultato finale.

CLARK : clinicamente, in quasi tutti i casi di gozzo esoftalmico, si sono riscontrate contratture muscolari nella parte inferiore della regione cervicale e dei muscoli attaccati alla prima costa, le sub-lussazioni delle vertebre cervicali e toraciche superiori; lussazioni verso l’alto delle due coste superiori  e tensione dei tessuti tra prima costa e clavicola. Per la frequenza di queste condizioni anormali nei casi di gozzo ed il fatto che spesso correggendo queste anormalità  il gozzo scompare, siamo sicuri nell’ affermare che questi disturbi colpiscono la funzione della ghiandola tiroide.

Ci sono varie ragioni perché la ghiandola sia affetta da queste lesioni :

  1. la tensione dei tessuti interferisce con la circolazione da e verso la ghiandola ostruendo i vasi sanguigni, in quanto sono in relazione.
  2. Lo spostamento delle vertebre cervicali e toraciche superiori causa contrattura dei muscoli che sono attaccati alla prima costa, ed è portata in su contro la clavicola  ostruendone non solo i vasi sanguigni ma anche i nervi che riforniscono la ghiandola.
  3. Queste lesioni colpiscono direttamente i nervi tiroidei e così disturbano la loro funzione e di conseguenza ci sono disturbi vascolari e consequenzialmente secretori della ghiandola.

Il lavoro in questione prevede un doppio cieco al fine di dimostrare che il gruppo non trattato osteopaticamente ha una evoluzione clinica differente.

Il gruppo non trattato verrà chiamato gruppo di riferimento o di controllo. I pazienti selezionati in questo gruppo hanno le stesse caratteristiche del gruppo di trattamento.

Solo in un secondo tempo ( quindi non in questo primo lavoro ) i due gruppi saranno comparati ad un gruppo di riferimento trattato con opoterapia e ad un gruppo di trattamento trattato con opoterapia e osteopatia, dimostrando l’inefficacia del trattamento osteopatico quando ormai è avvenuto il  passaggio dal funzionale allo strutturale.

MATERIALE   E   METODOLOGIA

L’aiuto ospedaliero si è rivelato determinante per poter raccogliere la statistica necessaria a formare i due gruppi : quello di trattamento e quello di controllo.

Ancora più determinante è stata l’esperienza dei medici del servizio d’endocrinologia a selezionare i casi cosiddetti “ funzionali “. Bisogna ricordare a questo proposito che nella casistica tiroidea abituale la componente funzionale è decisamente una minima parte.

I criteri di selezione dei pazienti trattati sono i seguenti :

  • sono state trattate solo donne ( questo non tanto per scelta ma soprattutto per necessità in quanto la patologia interessa prevalentemente il sesso femminile ).
  • età dei pazienti trattati dai 22 ai 63 aa.
  • Pazienti che in anamnesi non presentano patologie endocrine di altra natura.
  • Pazienti che in anamnesi presentano una storia di cervicalgie più o meno recenti.
  • Pazienti che presentano alla visita osteopatica una fissazione dell’osso ioide (questo criterio è stato rispettato senza la necessità di scartare nessun paziente, in quanto tutti i casi selezionati presentavano una fissazione dell’ osso ioide ).
  • Pazienti considerati dal punto di vista umorale border line (ovvero non con la patologia conclamata ). I parametri di definizione del border line sono :
  1. aumento del TSH, ma ancora contenuto nel range fisiologico,
  2. diminuzione del T3 e T4, ma ancora nel range fisiologico,
  3. assenza totale di implicazioni autoimmuni o infiammatorie ( quindi assenza completa di anticorpi anti tireoglobulina, etc.),
  4. eventuale presenza di noduli freddi e comunque di dimensioni accettabili,
  5. compatibilità del quadro clinico con un’eventuale insuccesso del trattamento o del periodo d’ attesa.

E’ importante ricordare che volendo rimanere nel campo funzionale le percentuali di pazienti che arrivano ad un servizio d’endocrinologia con problemi tiroideii funzionali è decisamente inferiore al 3%, pertanto non è evidente riuscire a raccogliere una grossa quantità  di casi.

Sempre precisando il punto 2°) relativamente al valore del T3 bisogna almeno accennare all’esistenza  dell’ rT3 ovvero T3 inverso. Quando si effettua un dosaggio ormonale non vengono discriminate le due forme : T3 attivo dall’ rT3 inattivo. Quanto sopra indicherebbe che almeno alcuni gruppi d’individui possono presentare ormoni circolatori meno attivi, pur essendo considerati ancora come eutiroidei.
Inizialmente si volevano includere nel lavoro anche le forme d’ipertiroidismo  funzionali, ma purtroppo non siamo riusciti a trovare un numero adeguato di pazienti in modo che la nostra statistica potesse avere una significatività eloquente. Per la precisione, nel periodo di raccolta dati abbiamo selezionato una sola paziente che presentava un’ipertiroidismo funzionale da almeno dieci anni con una stabilità degli esami umorali dal momento della scoperta della patologia.

Ci è sembrato pertanto inopportuno seguire una sola paziente.

Soprattutto ancora il una volta buon senso ha prevalso, chi si sarebbe sentito di andare a muovere una situazione che aveva già trovato il proprio equilibrio ?

 

Il gruppo di riferimento è stato selezionato con gli stessi criteri del gruppo di trattamento, ma in linea di massima sono persone con le quali ci potevano essere delle difficoltà di varia natura a cominciare da un’approccio osteopatico; ( sono stati esclusi pazienti che abitavano lontano, che non gradivano un trattamento manuale o addirittura pazienti che non volevano un trattamento osteopatico per preconcetti….., o più semplicemente con un criterio di casualità ).

Questo gruppo è formato da 10 pazienti con esami umorali ripetuti da un minimo di 2 mesi di tempo ad un massimo di 5 mesi.
Dall’ anamnesi si è passati alla raccolta dei dati iniziali quali :

 

PER L’OSSO IOIDE : solo esame manuale

 

PER LA TIROIDE: esami umorali : TSH, triiodiotironina libera  (FT3), tiroxina libera (FT4), tireoglobulina, anticorpi antitireoglobulina, anticorpi antiperossidasi,   ecografia ( presenza di noduli caldi o freddi), flussimetria intraparenchimale  ( esame doppler ), eventuali scintigrafie.

 

Massima importanza viene data alla flussimetria intraparenchimale che ci consente di monitorare anche le minime variazioni nell’irrorazione della ghiandola.

Grazie a questo esame effettuato prima e dopo un trattamento osteopatico ( vedi dopo  protocollo di trattamento ) siamo in condizione di fare due valutazioni :

1^ dal punto di vista osteopatico abbiamo una variazione della mobilità dell’osso ioide

2^ questa variazione  di mobilità corriponde ad un miglioramento immediato della flussimetria intraparenchimale ( DOPPLER ).

Per questioni di costi la flussimetria non è stata impiegata con la frequenza ipotizzata inizialmente.

 

Dal lavoro sono state scartate tutte le pazienti che presentavano anche valori appena alterati dell’attività anticorpale. Pertanto speriamo di non aver  incluso nessun paziente con forme autoimmuni.

SEGNI E SINTOMI DELL’IPOTIROIDISMO

Al reparto d’endocrinologia arrivano pazienti che presentano le sintomatologie più varie, inviati dai loro medici curanti, spesso senza nessuna indagine umorale.

Mi limiterò a fare una piccola lista dei segni più comuni senza scendere troppo nei particolari, ma con la finalità di allertare i miei colleghi che si troveranno di fronte dei casi che presentano alcuni dei sintomi citati.

  1. mani e piedi freddi,
  2. astenia ( fatica ) dovuta ad una diminuzione dell’attività mitocondriale,
  3. spesso associata ad una diminuzione della concentrazione e della
  4. memoria,
  5. depressione,
  6. maggior sensibilità alle infezioni,
  7. sintomi da carenza di vitamina A
  8. periodi mestruali irregolari,
  9. perdita di capelli e/o unghie fragili,
  10. edemi
  11. costipazione
  12. mastopatia fibrocistica,
  13. problemi della pelle
  14. disturbi cardiocircolatori,

Questa  lista  non segue nessun ordine d’importanza o frequenza e probabilmente potrebbe essere arricchita, ma l’obbiettivo è quello di sensibilizzare i colleghi a cercare delle soluzioni ad alcuni di questi sintomi, non focalizzando il pensiero solo all’apparato d’origine, ma attribuendo anche al sistema endocrino la sua importanza.

Quello che è particolarmente interessante, che riprenderemo più avanti, è la similitudine tra il quadro clinico dell’ipotiroidismo e dell’iperparasimpaticotonia peraltro presente nella casistica in questione. Ciò ha portato nel corso della ricerca a porsi dei quesiti tra i rapporti che intercorrono tra le due patologie ed eventualmente la possibilità che le due patologie siano associate. La vasodilatazione necessaria alla ghiandola sofferente è data da un’azione parasimpatica che potremmo ipotizzare, protratta nel tempo, porta anch’essa in disfunzione iper………etc.

Un altro aspetto importante è che molto spesso i pazienti approdano al servizio di endocrinologia per obesità legate a problemi di altra origine ( abitudini alimentari errate, psicologici, …. ) ma secondariamente sviluppano un ipotiroidismo funzionale.

Sono pazienti che in particolari periodi decidono correzioni alimentari errate, in primis il digiuno che porta ad un adeguamento ghiandolare compensatorio con considerevole abbassamento del metabolismo basale e quindi sempre maggiori difficoltà a rientrare nel peso normale con iperstimolazione della ghiandola.

METODO

PROTOCOLLO     di      ESAME

Il primo esame da effettuare riguarda la mobilità dell’osso ioide che consideriamo il nostro punto di partenza e di arrivo dell’ ottimizzazione della funzionalità tiroidea.

1      ESAME    POSTURALE   :

  • occipite
  • occhi
  • cervicali
  • mandibola ( ATM )  temporali
  • bacino
  • piedi  (appoggio )

2      CONTROLLO   STRUTTURALE  :

  • cranio
  • C0 -C1 -C2 –C3
  • C7 -D1 –D2 –D3
  • 1^ , 2^ e 3^ costa
  • clavicola
  • sterno
  • vertebre pivot

3   CONTROLLO  DELLE STRUTTURE  FASCIALI  :

  • Stretto toracico superiore ( III° diaframma )
  • V° diaframma ( pavimento buccale )
  • IV° diaframma ( tenda del tentorio )
  • Diaframma ( II° diaframma )
  • Perineo ( I° diaframma )
  • Mediastino
  • Polmoni

4     TEST  MIOFASCIALI  DELL’OSSO  IOIDE   :

  • test fasciale con presa ioidea
  • test fasciale con presa sul collo, mano sotto e mano sopra

5      ANALISI DELLA COMPONENTE NEUROVEGETATIVA   :

  • test dei globi oculari ( Cascianelli )

PROTOCOLLO      DI      TRATTAMENTO

Il protocollo di trattamento è un compromesso tra la necessità obbligata di liberare determinate strutture per migliorare la mobilità dell’osso ioide e la necessità di considerare sempre ogni paziente come caso unico. Pertanto si è cercato un trattamento che soddisfasse al massimo le due esigenze. Il protocollo è il frutto di innumerevoli sintesi di trattamenti effettuati su patologie analoghe. ( Ad esempio l’esperienza della Marelli, post-graduate in foniatria ).

Il protocollo prevede :

  •   Riarticolatorie  CV  e  VC
  •   Reset vertebrale dopo le preparatorie
  •   DIAFRAMMA  II° ( con verifica cinetica dei pilastri )
  •   Liberazione del I° diaframma o pavimento pelvico
  •   Liberazione del III° diaframma
  •   Liberazione del IV° diaframma o base cranica
  •   Liberazione del V° diaframma o pavimento buccale
  •   CRANIALE  con connessioni tra ipofisi e tiroide (ipotalamo )
  •   Riarmonizzazione cranio-bacino-cranio
  •   ATM
  •   Bilanciamento delle tensioni legamentose dal pube allo sfenoide
  •   FASCE
  •   Manovra occipito sternale ( corda centrale )
  •   Trattamento di riequilibrio neurovegetativo
  •   MOBILIZZAZIONE DELL’OSSO IOIDE
  •   Tecniche di riposo ioideo ( tecniche di mobilizzazione passiva )
  •   Tecniche di mobilizzazione attiva contro resistenza
  •   Tecniche fasciali  ( recoil )
  •   Tecniche di pompaggio endocrino  ( TIROIDE )
  •   Tecniche linguali

Questo protocollo terapeutico è stato utilizzato, dopo aver effettuto gli esami di routine, per 3 sedute ogni paziente a distanza di 2-3 settimane.

Quindi sono stati ripetuti tutti i controlli di routine.

 

Su ogni manovra di questo trattamento varrebbe la pena di soffermarsi per approfondire i vantaggi che ognuna di essa apporta al paziente ipotiroideo.
In particolare segnalerei i benefici che possono ottenere i pazienti dal trattamento craniosacrale per una duplice azione :

  • il miglioramento della flesso-estensione si riflette migliorando il pompaggio della sella turgica, tanto importante durante l’accrescimento ma altrettanto importante nell’età adulta per il mantenimento di un buon equilibrio ormonale.
    Ricordiamo quindi quanto sia importante la regolazione della tiroide da parte dell’asse ipotalamo-ipofisiario.
  • il miglioramento del sistema craniosacrale e la gratificazione stessa del trattamento, anche per il solo fatto di essere seguiti, influisce in modo positivo sulla  sfera emozionale migliorando l’attività mitocondriale. ( solo di recente la medicina ha cominciato a capire l’effetto dello stress ossidativi sulla capacità dei mitocondri di funzionare normalmente ).

 

Durante il trattamento craniosacrale abbiamo impartito una giusta quantità d’informazioni di dietetica, in quanto i pazienti che sono arrivati al servizio avevano tutti enormi problemi nutrizionali. Sono profondamente convinto che tutti i consigli dati in questo ambito terapeutico abbiano una penetranza nell’individuo particolarmente profonda.
L’individuo che si sottopone ad un trattamento craniosacrale attraverso i benefici che riesce ad ottenere, entra in una fase di rilassamento che lo rende più permeabile alle informazioni che lo riguardano. Il rilassamento porta nell’ EEG ad una discesa della frequenza (β → α), corrispondente ad un miglioramento dell’attività cerebrale.

RISULTATI

FLUSSIMETRIA INTRAPARENCHIMALE

La flussimetria intraparenchimale è un’esame effettuato con ultrasuoni che arrivano a scansionare la vascolarizzazione della ghiandola tiroide. Le possibilità di visualizzare il sangue proveniente dalle arterie tiroidee o defluente dalle vene, ci consente di monitorare la funzionalità della ghiandola dal punto di vista della vascolarizzazione   ( noi osteopati sappiamo quanto questo parametro possa essere importante ). Sicuramente con l’obiettivo di migliorare la funzionalità della ghiandola nel tempo è importante fare una valutazione della sua vascolarizzazione con una scadenza a 3-4 mesi al fine di comparare sia i dati umorali sia i dati della flussimetria.

Quello che è venuto spontaneo pensare, malgrado le difficoltà di realizzazione, è una valutazione di questi parametri prima e dopo una seduta del protocollo per il trattamento della ghiandola.

Pertanto il  20/04/02 abbiamo affrontato anche l’incognita dell’efficacia del trattamento nel brevissimo tempo, ovvero : flussimetria – trattamento – flussimetria.

Il dott. Corrado Gazzerro dello studio Gazzerro si è reso disponibile per effettuare gli esami e l’osteopata Corinne Piclet per effettuare il trattamento seguendo alla lettera il protocollo.

L’esame iniziale è stato effettuato sull’arteria tiroidea inferiore in  quanto ci è stato  spiegato essere quella di più facile identificazione e soprattutto quella che si prestava di più ad essere ricontrollata esattamente nella stessa posizione. Ricordiamo inoltre che i parametri di valutazione numerici e quindi comparabili sono principalmente due:

  1. la velocità del flusso ( V max )
  2. le resistenze periferiche ( I R ).

La paziente che chiameremo Anna ha 41 aa. e soffre di cervicalgie da almeno 15aa. e da alcuni mesi presenta un leggerissimo ingrossanento della ghiandola.
Agli accertamenti presentava un calo del T3 e del T4, un’aumento del TSH, la presenza di piccoli noduli, il più grosso nel lobo di sinistra di 13×8 mm circa.
La flussimetria  mette in evidenza svariate piccole formazioni nodulari. La formazione di sn è particolarmente voluminosa con la caratteristica immagine a “canestro “. I vasi vengono spinti alla periferia dalla formazione nodulare con ordine, caratterizzando la composizione di un canestro vascolare che circonda il nodulo e ci quantifica le sue dimensioni, dandoci un’importante indizio riguardo alla sua benignità. Nelle forme maligne questo ordine vascolare viene alterato dall’invasività delle cellule in questione.
La paziente era gia stata invitata a cominciare una terapia con 25 mg di Eutirox.

Per nostra fortuna la paziente non era favorevole ad una terapia ormonale e si è sottoposta molto volentieri alla procedura intraday.
Si sottopone la paziente ad un approfondito esame clinico, che mette in evidenza fondamentalmente una catena di fissazione su tutta la parte sinistra che parte da un problema craniale ( strain a sn ). La fissazione craniale perpetrata nel tempo ha portato addirittura ad una dislocazione dell’osso ioide.
Si procede al trattamento secondo il protocollo standard, e si verifica il paziente dal punto di vista osteopatico, riscontrando un considerevole miglioramento della mobilità dell’osso ioide, quindi si passa alla valutazione della flussimetria di controllo.
I valori di valutazione dell’arteria tiroidea di destra non sono significativi, pertanto compaiono solo quelli dell’arteria tiroidea inferiore di sn nei suoi due parametri : Vmax, ovvero velocità massima di flusso e IR ovvero resistenze delle pareti al flusso stesso, che aumentano con l’aumentare della velocità.

Arteria tiroidea inf. SN Vmax IR
Prima del trattamento 41.1 0.488
Dopo il trattamento 48.9 0.605

grafici

Le considerazioni da effettuare sono evidenti : il circolo del lobo sinistro della ghiandola dopo le liberazioni effettuate porta ad un miglioramento del circolo del 20% circa. La variazione inferiore in percentuale del lobo di destra è stata interpretata come una minor necessità di migliorare il circolo. Una zona irrorata in maniera adeguata non risponde ad un trattamento per il miglioramento dell’irrorazione.

Il seguente dato, anche se ritrovato su un solo paziente, è da considerare significativo sull’efficacia del trattamento nel breve periodo.

Comunque questa esperienza per richiesta del laboratorio stesso verrà ripetuta  e forse anche su altre patologie ( necrosi asettica, algodistrofie, etc….).

DATI GRUPPO DI TRATTAMENTO E CONTROLLO

I seguenti dati sono invece riferiti ai soli parametri umorali presi in considerazione del gruppo di trattamento prima ( 1° ) e dopo ( 2° ).Quindi  seguono i dati del gruppo di controllo all’inizio ( 3° ) e alla fine ( 4° ) del periodo di osservazione.

1°      LA SEGUENTE TABELLA RAPPRESENTA I PARAMETRI UMORALI INIZIALI DEL GRUPPO CHE SARA’ TRATTATO CON OSTEOPATIA

PAZIENTE –   Età T3    3.00- 4.20 T4    8.50-18.00 TSH   0.45-3.50
R. S.G.              63 3.20 9.60 2.80
D.A.M.             41 2.90 8.60 3.40
F.R.                 22 3.40 10.20 2.60
F.G.                 33 2.80 8.70 3.50
G.M.                39 3.20 9..80 2.90
L.L.                  28 3.50 10.00 2.50
P.C.                 45 3.10 9.30 2.90
B.G.                58 3.00 8.90 3.10
B.C.                56 3.60 9.80 2.80
Z.M                 29 3.40 9.50 2.80
MEDIA         41.4 3.21 9.44 2.93

2°       LA SEGUENTE TABELLA RAPPRESENTA I PARAMETRI UMORALI FINALI DEL GRUPPO CHE E’ STATO TRATTATO CON OSTEOPATIA  ( dopo  almeno 3 sedute )    

PAZIENTE –    Età T3       3.00-4.20 T4       8.50-18.00 TSH   0.45-3.50
 
R.S.G.                63 3.40 10.10 2.20
D.A.M.               41 3.00 8.90 3.20
F.R.                    22 3.40 10.10 2.60
F.G.                     33 3.60 10.40 2.40
G.M.                   39 3.40 10.80 2.20
L.L.                     28 3.80 12.80 1.90
P.C.                     45 3.10 9.30 2.90
B.G.                    58 3.40 10.20 2.60
B.C.                    56 3.60 10.00 2.70
Z.M.                    29 3.40 9.40 2.80
MEDIA 3.41 11.24 2.55

3°    LA SEGUENTE TABELLA RAPPRESENTA I PARAMETRI UMORALI INIZIALI DEL GRUPPO DI CONTROLLO

PAZIENTE–    età T3 T4 TSH
A.G.                  57 3.30 10.40 2.90
B.F.                   36 3.10 9.40 3.20
C.O.                  25 3.40 9.60 2.80
C.M.                  48 2.90 8.80 3.40
F.F.                    37 3.40 9.70 2.90
V.A.                   57 3.20 9.00 3.20
T.E.                    30 3.30 9.80 2.90
S.M.                   45 3.50 10.40 3.20
R.L.                    24 3.40 9.50 3.00
W.T.                   54 3.10 9.70 3.00
MEDIA 3.26 9.63 3.05

4°      LA SEGUENTE TABELLA RAPPRESENTA I PARAMETRI UMORALI FINALI DEL GRUPPO DI CONTROLLO  ( 4 MESI DOPO )

PAZIENTE–     età T3 T4 TSH
A.G.                   57 3.40 10.40 2.80
B.F.         *         36 2.90 8.60 3.50
C.O.                    25 3.50 9.60 2.70
C.M.                   48 3.10 9.00 3.30
F.F.                     37 3.40 9.70 2.80
V.A.        *         57 2.60 8.00 3.90
T.E.                    30 3.50 10.80 2.60
S.M.                   45 3.50 10.30 3.30
R.L.                    24 3.20 9.10 3.30
W.T.                   54 3.10 9.60 3.00
MEDIA 3.22 9.51 3.12

Dopo una visione completa dei parametri presi in esame, mettiamo a confronto i due gruppi ( gruppo di trattamento e gruppo di controllo )
Il confronto viene effettuato sulla base delle differenze riscontrate sui parametri umorali al primo e secondo controllo.

5°    GRAFICO DI CONFRONTO DELLE VARIAZIONI

T3 T4 TSH
GRUPPO  TRATTAMENTO +  0.20 +  2.20 –  0.38
GRUPPO  DI CONTROLLO –   0.04 –   0.12 + 0.07

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DISCUSSIONE

Nell’introduzione avevamo accennato ai tre punti che si vogliono dimostrare con questo lavoro:

  1. stretta relazione tra lesione osteopatica dell’osso ioide e disfunzione tiroidea ( lesione patognomonica ).
  2. interessamento della struttura vascolare o neurologica o delle due strutture contemporaneamente.
  3. efficacia del trattamento osteopatico ( ovvero conseguimento di risultati significativi in seguito a trattamenti ).

Alla prima domanda si pùo rispondere solo grazie alla pratica clinica che ci ha consentito di verificare una fissazione ioidea su tutti i pazienti presi in esame indipendentemente dal gruppo in questione.
Il protocollo terapeutico prevedeva un’accorto lavoro fasciale sulla zona che ha dato nel corso delle sedute i suoi frutti. Alla fine dei trattamenti le pazienti dichiaravano un miglioramento della sintomatologia cervicale, per tutte le pazienti trattate escluse due, abbiamo avuto un considerevole aumento della mobilità dell’osso ioide, peraltro difficilmente quantificabile.
Molto interessante da osservare che le due pazienti che non avevano un significativo miglioramento della mobilità dell’osso ioide sono le stesse che al controllo umorale hanno avuto un lieve peggioramento del quadro ipofunzionale tiroideo.

Il protocollo terapeutico era finalizzato alla liberazione dell’osso ioide e delle strutture fasciali annesse. Di conseguenza il miglioramento clinico che ha avvantaggiato il microcircolo locale è da attribuire alla liberazione diretta delle arterie tiroidee e indiretta delle loro innervazioni.

Dai grafici presentati nel capitolo precedente, possiamo affermare che il miglioramento conseguito dal gruppo trattato osteopaticamente fa prevedere un’evoluzione positiva nel breve ma probabilmente anche nel lungo termine. Il gruppo non trattato, fa prevedere una lenta (ma non troppo ) evoluzione verso la necessità di una terapia sostitutiva almeno per alcune delle pazienti. Due delle pazienti  del gruppo di controllo sono state segnate con un asterisco, in quanto hanno effettuato il controllo umorale prima del tempo e sono state costrette a cominciare una terapia sostitutiva adeguata prima della conclusione del periodo di osservazione.
Un dato sicuramente marginale ai fini della tesi ma importante ai fini della cenestesi del paziente, è che nel gruppo trattato tutti i pazienti alla fine del trattamento hanno dichiarato di non soffrire praticamente più di cervicalgie.
Volendo quantificare il precedente dato in modo restrittivo direi che i miglioramenti sono valutabili intorno al 75%.
Un’altra considerazione che si può fare è relativa ad un miglioramento più rilevante del T4 in rapporto al T3. La spiegazione che ci siamo dati è in relazione ancora una volta allo squilibrio alimentare che può portare in termini statistici ad una diminuzione della conversione del T4 sino al 50%. Pertanto, il fatto che i pazienti seguiti abbiano migliorato per questioni legate alla sfera emozionale il loro regime alimentare, ci ha favorito nel conseguimento del risultato finale.

Anche l’apetto igiene alimentare ha dato i suoi frutti nel gruppo trattato, in quanto quasi tutte le pazienti hanno dichiarato di aver cambiato il loro modo di alimentarsi confortate dalla bilancia che finalmente vedeva premiati i loro sforzi.
Comparando il quadro clinico dell’ipotiroidismo a quello dell’iperparasimpaticotonia non può non colpire la moltitudine di analogie tra i due quadri.
Sintomi, quali le  mani e piedi freddi, astenia, depressione, periodi mestruali irregolari, costipazione, problemi di pelle, disturbi cardiocircolatori, etc… sono comuni ai due quadri.
Il simpatico ha un’azione sinergica con la tiroide, l’ipofisi anteriore e la midollo-surrenale. Pertanto in una ipersimpaticotonia tali ghiandole avranno una secrezione favorita. Non si può però affermare il contrario, che il parasimpatico in eccesso porta ad una riduzione della produzione di ormoni tiroidei.

E’ opportuno comunque fare alcune considerazioni :

  • il parasimpatico ha un’azione dilatativa sui vasi
  • tutti i pazienti trattati presentavano un’iperparasimpaticotonia relativa o assoluta     ( con orto in ipo o normale )
  • tutti i pazienti presentavano comunque una lesione irritativa di C1,C2,C3
  • stretta relazione tra il quadro clinico dell’ipotiroideo e il quadro clinico dell’iperparasimpaticotonico

L’unica affermazione che si può fare è che negli ipotiroidismi trattati, ovvero con interessamento dell’osso ioide e presenza nel quadro clinico di cervicalgie, abbiamo, per interessamento irritativo del para, la presenza di un quadro clinico da iperparatiroidismo+ipotiroidismo.
Alla luce di quanto appena affermato si può apprezzare quanto anche un protocollo terapeutico come quello utilizzato per questa sperimentazione, per quanto possa essere limitativo, prende in considerazione tutti i parametri necessari ad una regolazione del sistema parasimpatico.
Il test dei globi oculari, facente parte del protocollo diagnostico, si presentava  quasi sempre con caratteristiche d’ipeparasimpaticotonia relativa o assoluta. Dopo il trattamento vi era una tendenza alla normalizzazione e comunque alla fine dei trattamenti abbiamo avuto una remissione quasi assoluta dei sintomi ( >75% ).

Alla luce di quanto è emerso in quest’anno di studi e di ricerca malgrado la positività dei risultati sinora ottenuti, non mi sentirei di affermare che migliorando il circolo locale possiamo avere una remissione clinica degli ipotiroidismi funzionali.
Basti considerare che tutti i pazienti trattati avevano un iperparasimpaticotonia relativa o assoluta, pertanto uno stimolo permanente ad aumentare il lume vascolare.
La considerazione più stimolante resta pertanto quella di origine fasciale, ovvero questi brandelli di fazzoletto stesi all’interno del nostro corpo riescono meccanicamente a superare le capacità adattative del corpo umano.
Una fascia in leggera trazione anche se considerata struttura elastica, riesce su una struttura altrettanto elastica quale un vaso a creare una difficoltà che nel tempo porterà a principi adattativi che vanno verso la patologia.

RIASSUMENDO :

nel gruppo trattato   :

  • dai grafici appare scontato l’incremento dei valori di  T3 e T4
  • appare altresì scontato il decremento dei valori di TSH
  • considerevole miglioramento del quadro doloroso cervicale
  • miglioramento marcato del quadro di iperparasimpaticotonia
  • durante il trattamento non sono comparsi altri “problemi dolorosi”

nel gruppo di controllo   :

  • lieve peggioramento della media dei valori d’ormoni prodotti
  • lieve aumento dei valori di TSH
  • in alcuni casi c’è stato un considerevole aggravamento della sintomatologia dolorosa
  • in altri la comparsa di quadri dolorosi considerabili forme evolutive della lesione primaria
  • permanenza del quadro clinico d’iperparasimpaticotonia
  • per due pazienti c’è stata la necessità d’interrompere il periodo di controllo per cominciare una terapia sostitutiva

 

CONCLUSIONE

Già Clark nel 1906 affermava che la vascolarizzazione della tiroide influenzava direttamente la funzione della ghiandola. Quindi potrebbe sembrare inutile una conclusione che porta ad affermare, ancora una volta, che la funzione  è condizionata dalla forma (vascolarizzazione e innervazione = struttura e mobilità).
La vera conclusione di un lavoro di questa portata non poteva essere scontata.
La fatica di seguire un lavoro in doppio cieco e il coinvolgimento di così tante persone deve essere più utile.
L’utilità è data dalla “ scientificità “ del lavoro così osannata nella medicina tradizionale e così difficile da conseguire in osteopatia.
Questo lavoro senza alcuna pretesa vuole essere una porta aperta a questa ormai indispensabile e necessaria collaborazione tra medico e osteopata al fine di focalizzare l’attenzione e l’impegno sulla salute del paziente e non sul piano sterile della demagogia. Questo pensiero è subentrato dopo le difficoltà iniziali di proporre un lavoro di questo genere ad un servizio così oberato di lavoro e difficoltà di realizzazione. Le informazioni trapelate dai pazienti in trattamento, la curiosita dei colleghi e la positiva evoluzione della ricerca, hanno aumentato l’interesse delle persone coinvolte. Tutto ciò ha creato un’interesse crescente e soprattutto un riconoscimento per una disciplina che inizialmente era riuscita ad entrare nel servizio grazie ai miei titoli e grazie alle conoscenze. Tutti i medici coinvolti direttamente  e indirettamente attualmente hanno completamente un’altra opinione dell’osteopatia e avendone capito i principi fondamentali non esiteranno in futuro a ricorrere ad essa quando sarà necessario. E’ svolgendo questo lavoro e constatando questi cambiamenti d’attitudine nei miei confronti e soprattutto in quello che praticavo che mi sono reso conto che il vero obiettivo di questo lavoro era cambiato. L’interesse iniziale per i dati che avrebbero avvalorato quanto volevo dimostrare sull’ipotiroidismo, hanno lasciato il posto al piacere di discutere con dei colleghi delle potenzialità di questa disciplina in vari campi, dove le uniche certezze sono date dalla profonda conoscenza dell’anatomia e dal ragionamento ostepatico che ci guida e collega tutto.
Focalizzando il problema bisogna ricordare che la medicina osteopatica è nata dalle mani di un medico, e si è tramandata da medico a medico come qualsiasi altra specialità. Solo ultimamente ed in alcuni paesi dove il medico ha perso la sua manualità sono paramedici che l’utilizzano nelle regole dell’arte.
Non bisogna quindi dimenticare che indipendentemente da chi è l’osteopata, esiste la necessità di una giusta collocazione ( ad esempio nei pronti soccorso adulti e soprattutto pediatrici etc….).
Concludo ricordando che l’impegno di un terapeuta di qualsiasi estrazione sia, è finalizzato al conseguimento di uno stato di salute stabile e duraturo del suo paziente. Solo l’unione di tutte le forze faciliterà questo duro compito. In attesa che l’interdisciplinarità non sia solo una parola difficile da pronunciare, creiamoci il giusto spazio nella scientificità del terzo millennio   “ CON LE NOSTRE MANI “.

BIBLIOGRAFIA

AUTORE TITOLO EDITORE DATA
BERTRAND COCHE  THESE : L’ os hyoide Diploma ATSA  1987
GIUSEPPE MORUZZI  Fisiologia della vita vegetativa UTET  1978
UGO TEODORI  Trattato di patologia medica S.E.U.  1981
JOHN E. UPLEGER  Oltre la dura madre Marrapese  1997
MARION EDWARD CLARK  Anatomia applicata Maistone College of Osteopatie  1^ edizione del 1906
ERIO MOSSI  Il torace Ed. Minerva Medica  1996
CAPOROSSI Traité pratique d’osteopathie cranienne Verlaque  1992
JEFF FARKAS D.C. AK n° 3  The International  Journal of Applied Kinesiology and Kinesiologic Medicine  1999
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